Caso Vassallo, quindici anni senza verità e il forte appello del fratello Dario

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In vista dell’udienza preliminare del 16 settembre, Dario Vassallo chiede la presenza dello Stato al processo: “Angelo era un uomo delle istituzioni. Lo Stato deve esserci, senza sbavature”

Acciaroli – Sono passati quindici anni dall’omicidio di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore”, freddato con nove colpi di pistola la sera del 5 settembre 2010, mentre rincasava nella sua Acciaroli, frazione di Pollica, in provincia di Salerno. Un delitto ancora avvolto da zone d’ombra, su cui il prossimo 16 settembre il Tribunale di Salerno proverà finalmente a fare chiarezza, con l’avvio dell’udienza preliminare del processo. A rinnovare l’attenzione pubblica e istituzionale sulla vicenda è Dario Vassallo, fratello di Angelo e presidente della fondazione a lui intitolata, che in un’intervista rilasciata a Radioclub91 ha lanciato un appello accorato: “Lo Stato deve essere presente al processo. Deve dare un segnale chiaro, limpido, senza sbavature. Perché il 5 settembre del 2010 è morto un uomo dello Stato, e lo Stato deve riprendersi la sua posizione e fare lo Stato”.

Dopo anni di indagini complesse, depistaggi e silenzi, l’inchiesta sulla morte di Vassallo ha prodotto oltre ottantamila pagine di atti, che potrebbero finalmente portare a un confronto in aula. “La verità – sostiene Dario – sta in quelle pagine. Io credo che l’omicidio di Angelo fosse già stato deciso il 20 agosto 2010. Ma ora è il momento di guardare ai fatti concreti. E il fatto concreto è che il 16 settembre ci sarà un processo”. Al banco dei soggetti costituiti parte civile ci saranno, oltre alla famiglia Vassallo e alla Fondazione, anche l’ANCI, l’ASMEL e Avviso Pubblico. Ma Dario chiede di più: “Anche l’Arma dei Carabinieri dovrebbe costituirsi parte civile. È parte lesa. E lo stesso dovrebbe fare il Presidente del Consiglio o il Ministero della Difesa”. –  Nell’intervista, il fratello del sindaco ucciso non risparmia accuse alle istituzioni locali e alla comunità: “Le comunità si chiudono a riccio e non vogliono cercare la verità. È una politica che non serve a nulla. Serve solo a fare danni al popolo. E il popolo, muto, si accontenta anche di 50 euro per sopravvivere, facendo finta di non vedere e non sentire nove colpi di pistola”. – Un’amara riflessione sulla cultura dell’omertà e su una classe dirigente, a suo dire, spesso complice dell’abbandono del territorio: “Ad Acciaroli attraccano barche di camorristi. Ma c’è qualcuno che si ribella? Quando arrivano, non c’è controllo né da parte del Comune né delle Capitanerie di Porto. Di cosa vogliamo parlare? Aveva ragione Angelo: questo Paese è finito perché non c’è il controllo del territorio”.

Angelo Vassallo è diventato, nel tempo, un simbolo della legalità e dell’amore per il proprio territorio. Il suo impegno per l’ambiente, per la trasparenza amministrativa e contro la criminalità organizzata lo aveva reso una figura scomoda. Troppo scomoda per un Cilento che, ancora oggi, sembra faticare ad ammettere le proprie ombre. Il processo che si apre a Salerno potrebbe rappresentare l’ultima occasione per fare giustizia e per restituire al Paese la verità su un delitto che ha ferito profondamente lo Stato. “È arrivato il momento – conclude Dario Vassallo – di dire basta alle commemorazioni vuote. Lo Stato deve esserci. Deve far sentire la sua voce. E deve farlo in un’aula di tribunale”. –  06 settembre 2025

Fonte Ansa
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